Questo NON è un articolo disruptive

ABC-Digital

Ciao.

Come dici? È insolito iniziare un articolo così? Ma lo hai letto il titolo?

Ah giusto, è la nostra rubrica ABC-Digital quindi probabilmente non sai di cosa si tratta. Te lo spiego subito: disruptive può essere tradotto con “distruttivo”, ma anche “dirompente” o “devastante”.

È qualcosa di nuovo che sconvolge, che “interrompe” la normalità e la reinventa.

Le invenzioni disruptive sono quelle che nella storia hanno sradicato un mercato esistente creandone uno nuovo (come la fotografia digitale), con conseguenti nuovi valori, percezioni e abitudini d’uso. Mette in discussione ciò che c’è, annientandone lo status.

Se vuoi addentrarti nell’origine del termine, puoi sempre affidarti alla nostra cara vecchia amica Wikipedia. Non te l’ho linkata a caso, dopo capirai perché.

C’è purtroppo un abuso incredibile di questa parola, soprattutto negli uffici business. Intere riunioni fondate sul tema (senza sapere di cosa si sta realmente parlando) e condite da altri termini inglesi di circostanza che, diciamocelo, il più delle volte sono inutili ai fini di una maggiore comprensione (rendendo il tutto imbarazzante).

Perché fa figo parlare di disruptive, ma oltre l’inglese c’è di più. Questo articolo non è disruptive solo perché rompe le righe con un’intro diversa dal solito.

La disruptive viene spesso confusa con l’innovazione, ma il suo vero significato non è “migliorare qualcosa di esistente”…è proprio inventarlo da capo, con nuovi modelli di business.

Per consigliarti di approfondire l’argomento, non ti ho invitato a sfogliare le enciclopedie che stanno collezionando polvere sulle tue mensole. Ma su Wikipedia, un esempio di disruptive a tutti gli effetti.

ESEMPI PRATICI DI AZIENDE DISRUPTIVE

  • Wikipedia ha modificato il nostro modo di acquisire conoscenze, ha cambiato radicalmente un’abitudine, un riferimento. Il diretto risultato è stato affossare un mercato (quello delle enciclopedie cartacee) che ora è del tutto obsoleto.

  • Se sei anagraficamente molto giovane, probabilmente non hai mai vissuto l’ansia di aspettare una settimana per vedere un episodio della tua serie preferita. Perché oggi hai Netflix. E tutte le altre piattaforme streaming che hanno sostituito il mercato del noleggio DVD e modificato la normale fruizione dei contenuti.

  • Le tue playlist su Spotify sono una macedonia di artisti vero? Li vedo Adele, Lana del Rey e Calcutta che convivono pacificamente in quella sad. E prima? Prima servivano 3 interi CD, uno per ogni artista (di cui magari ti interessavano solo poche canzoni)!

Impensabile? Eppure, è questo quello che accadeva in passato ed è proprio questo quello che fa la disruptive: realizza in modo concreto qualcosa di mai visto, che modifica e stravolge modi e abitudini dei consumatori, generando nuovi mercati (e nuovi bisogni).

Con l’aggiunta di un elemento fondamentale: l’accessibilità alla maggioranza delle persone (con un risparmio economico/di tempo o un beneficio gratuito, come per Wikipedia).

Il digitale riesce benissimo a rompere le regole e ricostruire modelli accessibili su larga scala, tant’è che si parla di Digital Disruption (nuove tecnologie che hanno un impatto talmente elevato da trasformare il mercato).

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Figlio della Digital Disruption è ovviamente il …

Disruptive Marketing

Si attribuisce a questo termine, un approccio che “sfida” i classici pilastri del marketing e le sue regole, creando qualcosa di mai visto e, almeno sulla carta fino ad allora, sbagliato.

Il risultato è come un enorme schermo vuoto e bianco a Times Square: in mezzo ad una confusione tutta uguale, attira l’attenzione.

Il Disruptive Marketing distingue il brand, lo rende unico e fa sentire la sua voce, una voce fortissima e diversa da tutte le altre, che presto diventa riconoscibile a tutti.

Tutto questo però, comporta dei rischi.
(image credit: @agenziastanca)

VALE SEMPRE LA PENA “ESSERE DISRUPTIVE”?

Gestendo parole o canali con approccio disruptive, non bisogna dimenticare la coerenza con quanto costruito prima. L’identità del brand non deve essere mai minata da un disperato tentativo di emergere tra i competitor “a tutti i costi” o “purché se ne parli”.

Il Disruptive Marketing dovrebbe rafforzare, e non tradire, i valori del brand che lo usa per comunicare. Per farlo, è necessario sapere chiaramente a chi si sta parlando, le sue necessità, come si sente e cosa prova.

È questo che dà la possibilità di scovare e anticipare nuovi bisogni. Prima dei competitor.

Essere disruptive non è per tutti, e non deve esserlo. La decisione di rischiare con questo approccio, va sempre supportata da una buona strategia e non solo da una coraggiosa e anarchica idea.

Bisogna conoscere molto bene cosa si sta andando a distruggere: tu accetteresti il rischio?

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